Cosa lega il principio di indeterminazione di Heisenberg, le AirPods e un capelluto matematico francese dell’Ottocento convinto che tutto, ma proprio tutto, potesse essere scomposto in sinusoidi? No, non è l’inizio di una barzelletta. Anche se, ammettiamolo, sarebbe un ottimo incipit per una conferenza di fisica teorica.
Eppure, è tutto vero: se hai mai ascoltato un podcast o della musica, ignorando il frastuono della metro, non è solo merito della tecnologia, ma anche (e soprattutto) della matematica. In particolare, una matematica che, curiosamente, riappare anche quando proviamo a localizzare un elettrone. Infatti quella stessa trasformata che scompone i rumori in frequenze è anche la chiave che ci spiega perché non possiamo mai sapere con precisione dove si trovi una particella e quanto stia correndo.
Ma andiamo con ordine. Prima di addentrarci in questa selva oscura, ci occorre un kit di sopravvivenza. Partiamo quindi dalle basi. È il momento di rievocare remote reminiscenze del liceo, ti ricordi le funzioni? No, ok rimediamo. Cos’è una funzione? Rinunciando a definizioni rigorose, Eulero ci perdonerà, immagina una scatola magica: ci metti dentro una mela (input) e ne esce una pera (output). Una funzione fa esattamente questo: prende un numero da un insieme di partenza, lo trasforma secondo una precisa legge matematica e lo restituisce come un altro numero, appartenente a un insieme di arrivo. Un esempio? La funzione y=x^2. Semplice: prendi un numero e sostituendolo alla x, lo elevi al quadrato. Quindi 1 rimane 1, 2 diventa 4, 3 diventa 9, e così via...
Ovviamente esistono tantissimi tipi di funzioni, da quelle semplici come le rette, a quelle più esotiche, dove si parte e si arriva nei numeri complessi (contieni l'entusiasmo, so che non vedresti l’ora di approfondire l’analisi complessa, ma abbiamo altro di cui parlare). Le funzioni sono un mondo vastissimo. Tanto vasto che c’è una branca intera della matematica dedicata esclusivamente ad esse: si chiama analisi. Ma a noi, per ora, ne interessano solo due: le funzioni seno e coseno.
Come si fa a capire cosa siano seno e coseno in modo davvero intuitivo? Ci basterà usare un po’ di immaginazione, nulla di estremamente creativo, tranquillo. Invece della scatola, visualizza un bastone appoggiato a un muro. Ce l’hai? Bene. Ora pensa alle ombre che potrebbe creare: quella a terra è il coseno, quella sul muro è il seno. Rispetto a cosa? Rispetto all’angolo che il bastone forma con il pavimento. Facile, no? Nel disegno subito sotto puoi vedere una rappresentazione matematica di quanto immaginato. Il raggio del cerchio è il nostro bastone, sin e cos le ombre.
Ok, ora che abbiamo (più o meno) capito cosa sia una funzione e abbiamo una visione geometrica del seno e del coseno, proviamo a collegare i puntini. Immagina di costruire una funzione che prende in input un angolo e restituisce in output proprio il valore del suo seno o del suo coseno. Ovviamente non li restituirà insieme, bensì una funzione alla volta. Quella che dà il seno la chiamiamo sin(x), quella che dà il coseno (esatto, hai indovinato) cos(x).
Ora, se provassimo a disegnarle? Otterremmo due onde. Onde perfette, che oscillano tra -1 e +1, all’infinito. Sì, proprio all’infinito: non si fermano mai, continuano a salire e scendere, salire e scendere... stabilità? Non pervenuta. E sai qual è la cosa buffa? Che non sono nemmeno onde diverse. Sono la stessa identica onda, solo spostata. Infatti, se trasli lungo le ascisse (cioè se la fai slittare, scorrere in orizzontale) in avanti (o indietro) sin(x), ottieni cos(x), e viceversa. L’onda associata al seno la chiamiamo sinusoide, quella associata al coseno, invece, cosinusoide.
Ecco un’altra parola magica: periodiche. Alcune funzioni, come seno e coseno (e non è un caso, altrimenti non te lo spiegherei), si chiamano così, periodiche, perché si ripetono regolarmente. Ma cosa vuol dire esattamente? Facile, è come quando metti una canzone in loop. Passato un certo tempo, detto periodo, ricomincia identica. Questo ai matematici piace un sacco perché rende tutto più semplice: se una funzione si ripete, basterà studiarne un pezzetto per capire com’è fatta nella sua totalità. Comodo vero?
E le tue AirPods, cosa c’entrano con tutto questo? Non avere fretta, ci stiamo arrivando. Adesso è il momento di parlare del capelluto francese dell’Ottocento: Monsieur Fourier. Egli fu brillante matematico che, studiando il calore, si accorse di qualcosa di davvero potente: ogni onda può essere riscritta come combinazione lineare di seni e coseni. Se parliamo di ogni onda, allora intendiamo anche ogni suono, ogni fascio luminoso, ma, ancora più in generale, ogni segnale.
E cos’è una combinazione lineare? Detto in modo semplice: una somma pesata. Tipo: se prendi 5 pere e ci sommi 3 mele, hai una combinazione lineare di frutta. Applichi lo stesso principio a delle onde (cioè funzioni) e voilà: puoi ricostruire qualsiasi forma complessa partendo solo da seni e coseni.
Per scomporre in sinusoidi le funzioni periodiche, Fourier inventò una serie:
Non ti spaventare, ora la spieghiamo, cos’è una serie? È una somma discreta, cioè una somma di tanti oggetti distinti, come se contassi uno per volta gli orsetti in un sacchetto Haribo. In questo caso però si tratta di una somma di seno e coseno. Andando ad analizzare la funzione precedente, i termini an e bn ci dicono quanto coseno e quanto seno è contenuto nell’onda che stiamo scomponendo. Più termini della serie aggiungiamo, più l’approssimazione sarà precisa, fino al caso limite di considerare infiniti termini, i quali ci permetterebbero di ottenere esattamente l’onda di partenza. Tutto questo funziona, peró, solo se la funzione considerata è periodica.
Ma se la funzione che voglio scomporre non lo fosse? In questo caso, entra in gioco la trasformata di Fourier, che è la versione con gli steroidi della serie:
Quella specie di S che vedi dopo l’uguale è un integrale, ovvero una somma continua, il modo per calcolare il totale di una grandezza che varia continuamente. Per capirlo al volo ti basta pensare di dover pesare della sabbia: quale folle peserebbe un granello per volta?
Invece, la metteresti semplicemente sulla bilancia, tutta insieme. Ecco, quella bilancia, in matematica, è proprio l'integrale.
Bene, ora è arrivato il momento di parlare delle tue AirPods. Adesso, infatti hai tutti gli elementi per capire come le tue cuffiette riescano a mettere in mute il resto del mondo. In pratica, esse sono dotate di un microfono che registra i rumori esterni, ovvero che fa entrare un’onda sonora, un segnale fatto di vibrazioni dell’aria. Una volta entrata, l’onda complessa del rumore viene scomposta nei suoi ingredienti di base, proprio come abbiamo imparato prima: in una somma di seni e coseni, ognuno con una certa frequenza e intensità. In poche parole, viene applicata la nostra eroina, la trasformata di Fourier.
Ma qual è lo scopo? Semplice, combattere il rumore con il rumore. Infatti, una volta conosciuto il nemico da vincere, le AirPods producono una versione negativa dell’onda di partenza, una copia perfetta ma sfasata. Infine le fanno scontrare tra loro. Il risultato? Beh lo sai, un po’ di pace.
Ma perché funziona? Devi sapere che in fisica esiste un fenomeno chiamato interferenza. Si verifica ogni volta che due onde si incontrano nello stesso punto dello spazio e si sommano, generandone una nuova. Si possono avere due tipi diversi di interferenza: costruttiva, quando le onde si sommano in fase, ossia quando le creste corrispondono alle creste e le valli alle valli, oppure distruttiva, quando le onde si sommano in opposizione di fase, con le creste che corrispondono alla valli e viceversa. Nel primo caso l’onda generata sarà amplificata, mentre nel secondo sarà nulla, come una retta orizzontale.
Le AirPods giocano tutto su questa seconda possibilità: ascoltano il rumore, lo scompongono in sinusoidi, lo ricostruiscono al contrario e lo mandano all’orecchio. In questo modo tu non senti più nulla o, meglio, senti solo quello che vuoi sentire te, che sia un podcast o della musica.
Tutto chiaro? Perfetto. È il momento di confonderti le idee. Probabilmente hai già sentito parlare della meccanica quantistica, quella teoria che descrive la realtà su scala atomica e subatomica. Meno probabilmente, però, sai che ogni sistema quantistico, per esempio un
elettrone, è descritto da una funzione d’onda, indicata con l’elegantissima lettera greca Ψ (psi).
E allora cosa sarebbe questa funzione d’onda? Prova a pensare a Ψ come a una nuvola di possibilità. Essa contiene ogni informazione sul nostro elettrone, ma, bensì sappia tutto, nulla è definito, esiste solo come probabilità. Ad esempio, non ti dice dove si trova con certezza la particella, ma ti disegna una mappa di opzioni: in quel punto è più probabile, in quell’altro meno. E se vuoi sapere quanto è probabile trovarla in un certo punto dello spazio, basta prendere Ψ(x), calcolarne il modulo al quadrato (sì, proprio così: Ψ²(x)) e il gioco è fatto.
Certo, una funzione così non possiamo di certo collocarla nel nostro banale spazio a 3 (o al limite 4) dimensioni. Infatti, essa merita un regno tutto suo, alla sua altezza: lo spazio di Hilbert. Ti risparmio la fatica di cercarlo su Maps, non esiste nella realtà, è uno spazio matematico, astratto in cui ogni punto rappresenta una funzione, un locus amoenus vero?
Ed ecco che arrivano gli operatori, che potremmo immaginare come dei ponti tra questo mondo matematico, lo spazio di Hilbert, e la realtà, i quali possiamo osservare e misurare. Gli operatori, infatti, sono strumenti matematici speciali che, agendo sulla funzione d’onda, traducono quelle informazioni astratte in valori concreti: energia, posizione, quantità di moto e così via. In pratica, gli operatori ci permettono di passare dal regno delle possibilità alla realtà delle misure sperimentali. Insomma, sono come dei trasformatori: prendi Ψ, la fai passare dentro l’operatore, ottieni una nuova Ψ. Poi, da lì, ricavi cosa puoi aspettarti quando misuri quella grandezza.
Tutto super interessante, ma... non stavamo parlando della trasformata di Fourier? Esatto! È proprio lei la protagonista dietro una delle più interessanti stranezze quantistiche. Infatti, la funzione d’onda Ψ(x) ci dice “dove” potremmo trovare una particella, mentre la sua trasformata di Fourier, Ψ̃(p), ci racconta come si potrebbe muovere, cioè con quale quantità di moto.
E qui arriva la domanda che ha fatto tremare i pilastri della fisica classica: è possibile conoscere con precisione esatta sia dove si trova una particella sia con quanta quantità di moto si muove? Purtroppo (o per fortuna, perché questo rende tutto maledettamente interessante) la matematica risponde: “ma certo che no”.
Il motivo lo dobbiamo proprio alla trasformata di Fourier. Infatti più stringi la funzione d’onda nella posizione (cioè più sai esattamente dove si trova la particella), più si allarga la sua trasformata nella quantità di moto (cioè la tua conoscenza sul suo movimento diventa imprecisa). Se invece vuoi sapere con precisione come si muove (quanta quantità di moto ha), la posizione si fa sfocata.
Questo scambio inevitabile è proprio ciò che ci racconta il principio di indeterminazione di Heisenberg, formulato (indovina un po’) da Heisenberg nel 1927. Possiamo scriverlo così:
In parole semplici: il prodotto dell’incertezza sulla posizione (quanto è sparpagliata la tua conoscenza su dove si trova) e dell’incertezza sulla quantità di moto (quanto è incerta la tua conoscenza su come si muove) non può mai essere più piccolo di un certo valore costante. Tradotto: non puoi mai avere una precisione perfetta su entrambe le cose contemporaneamente.
Ti sembra strano? Lo capisco. Però è proprio così: la matematica non mente, e ci mostra che a volte la realtà è molto diversa da come la immaginiamo. E voglio essere chiaro: l’indeterminazione non è un limite dei nostri strumenti o della nostra capacità di misura, ma una proprietà profonda e intrinseca del mondo quantistico. Insomma, a livello microscopico, la natura non si comporta come una macchina precisa e prevedibile (cit per Newton e Einstein) ma come un gioco di probabilità.
Siamo partiti dalle funzioni e siamo arrivati alla natura probabilistica della realtà, un viaggio affascinante, ma tutt’altro che astratto. La trasformata di Fourier, attraverso il suo elegante formalismo matematico, ci rivela infatti qualcosa di potente: ogni fenomeno, ogni suono, ogni segnale, persino una particella elementare può essere scomposto in componenti semplici, essenziali, in onde sinusoidali. E da queste onde, combinate con precisione, si può poi ricostruire l'intero.
Fourier ci offre uno strumento per leggere la realtà in profondità, per coglierne le strutture nascoste. Una realtà che, dietro la complessità apparente, rivela un ordine sorprendente e un’intrinseca armonia.
Fonti:
Per i lettori interessati ad approfondire l'analisi complessa: https://www.instagram.com/p/DLvIN2Ls78b/?igsh=MXhla3VnMnZydDhkeQ==
2. Bergamini, M., Trifone, A., & Barozzi, G. (n.d.). Matematica.blu 2.0 – Volume 4B. Zanichelli.
3. Bertsch, M., Dal Passo, R., & Giacomelli, L. (2ª ed.). (n.d.). Analisi matematica 1 e 2. McGraw-